LEGISLAZIONE GIURISPRUDENZA
PANE E GIUSTIFICAZIONE - di Avv. Marco Meliti
L'articolo che ho pubblicato oggi su AdoleScienza Magazine nasce dalla constatazione diretta di come, troppo spesso, vi sia un eccesso di protezione da parte di quei genitori che, in una visione narcisistica, non sono in grado di tollerare che il giudizio dell’insegnante sul loro figlio non rispecchi quello “sociale” che vorrebbero veder riconosciuto.
http://www.adolescienza.it/sos/sos-scuola/pane-e-giustificazione/#.VkIyKM6FPct
Divorzio breve - di Avv. Marco Meliti
DIVORZIO BREVE: MATRIMONIALISTA, IMPATTA CON GIUSTIZIA LENTA
(ANSA) - ROMA, 26 MAG - «Credo che ogni provvedimento che miri a semplificare il processo di famiglia sia da salutare con favore. Allo stesso tempo anche la legge sul divorzio breve, nella prassi applicativa, finisce inevitabilmente per scontrarsi con i tempi eccessivamente lunghi della nostra giustizia, con immancabili sovrapposizioni di giudizi nell'ipotesi di separazioni giudiziali». Lo afferma Marco Meliti, matrimonialista e Presidente della Dpf (Associazione Italiana di Diritto e Psicologia della Famiglia) che, pur essendo favorevole al divorzio breve, evidenzia alcune criticità. «Il fatto che sia stato previsto, in tali casi, che l'eventuale domanda di divorzio breve proposta in pendenza di separazione giudiziale venga assegnata allo stesso Giudice non elimina, infatti - spiega Meliti - alcune problematiche derivanti, ad esempio, dalla diversa natura dell'assegno divorzile rispetto a quello di separazione». (ANSA).
Divorzio breve, legge 6 maggio 2015 n. 55 - pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" dell'11 maggio 2015 n. 107 - e in vigore dal 26 maggio,
Nel caso di SEPARAZIONE CONSENSUALE il termine minimo per proporre la domanda di divorzio è di sei mesi dall'udienza presidenziale;
Alla separazione consensuale sono equiparati:
- l'accordo di separazione raggiunto attraverso la negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte (articolo 6, primo comma, del decreto legge 12 settembre 2014 n. 132 convertito dalla legge 10 novembre 2014 n. 162); in tal caso il termine di sei mesi decorre dalla data certificata dell'accordo;
- l'accordo di separazione raggiunto dai coniugi senza figli con l'assistenza facoltativa di un avvocato davanti all'ufficiale di stato civile (articolo 12 della normativa citata). In tale ipotesi il termine minimo di sei mesi decorre dalla data dell'atto concluso davanti all'ufficiale di stato civile (articolo 12, comma 4, della normativa citata, come precisato nella circolare n. 19/2014 del ministero dell'Interno) e non dalla successiva data della conferma di tale accordo prevista nella legge.
Nel caso di SEPARAZIONE GIUDIZIALE: un anno dall'udienza presidenziale, sempre che si sia formato il giudicato sullo status.
Fecondazione eterologa: inammissibile azione disconoscimento proposta dai terzi
Fecondazione eterologa: è inammissibile l’azione disconoscimento proposta dai terzi perché nega la legittimità della pratica
Corte App. Milano, sez. persone minori famiglia, sentenza 23 settembre 2014 - 10 agosto 2015 n. 3397/2015 (Pres., rel. Bianca La Monica)
FIGLIO NATO FUORI DA MATRIMONIO - FECONDAZIONE ETEROLOGA – MINORE NATO A SEGUITO DI PMA ETEROLOGA – INCIDENZA DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 162 DEL 2014 - AMMISSIBILITÀ DELL’AZIONE DI DISCONOSCIMENTO PROPOSTA DAL TERZO – ESCLUSIONE – INTERPRETAZIONE SECUNDUM CONSTITUTIONEM (art. 263 c.c.)
In presenza di figli nati fuori da matrimonio a seguito di fecondazione eterologa, in base a un raccordo tra l’articolo 9 della legge 40/2004, come risultante per effetto della pronuncia costituzionale n. 162 del 2014, e l’articolo 263 c.c., non residua in capo ai terzi la legittimazione a proporre l’azione di disconoscimento. Nell’attuale contesto normativo, legittimare “chiunque vi abbia interesse” ad un’azione che ha il suo unico presupposto nella difformità tra la verità risultante dalla dichiarazione di riconoscimento, e la verità sostanziale e obiettiva della filiazione, difformità che è proprio l’essenza della pratica di fecondazione eterologa, comporterebbe la negazione della legittimità della pratica e l’esposizione del figlio nato da fecondazione eterologa alla inesorabile caducazione del suo status. Una diversa interpretazione, inoltre, che riconoscesse la legittimazione attiva a favore di “chiunque vi abbia interesse” al fine dell’impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento, darebbe luogo a sospetti d'illegittimità costituzionale, per non giustificata disparità di trattamento tra il figlio nato fuori dal matrimonio da procreazione medicalmente assistita con tecnica eterologa, esposto all’impugnazione della veridicità di quel riconoscimento proposta da “chiunque vi abbia interesse”, rispetto al figlio nato in costanza di matrimonio, pure da procreazione medicalmente assistita con ricorso
Nuova famiglia di fatto ed assegno divorzile
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, sent. 3 aprile 2015, n. 6855
Assegno divorzile - Formazione di una famiglia di fatto da parte del coniuge che beneficia dell'assegno - Carattere di stabilità e continuità della convivenza more uxorio - Perdita definitiva dell'assegno divorzile
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione della Legge n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, nonche' vizio di motivazione, non avendo tenuto conto la Corte di merito della stabile convivenza, che aveva dato luogo ad una vera e propria famiglia di fatto, della (OMISSIS) con altro uomo, cio' che dovrebbe escludere la corresponsione di assegno divorzile a carico del coniuge, anche se tale convivenza venisse a cessare.
Con il secondo, violazione della Legge n. 898 del 1970, articolo 4, comma 10, nonche' contraddittoria motivazione in ordine alla decorrenza dell'assegno divorzile.
Afferma il giudice a quo che, una relazione more uxorio rileva ai fini della determinazione dell'assegno a carico dell'ex coniuge nei limiti in cui tale relazione "incida sulla reale e concreta situazione economica della donna, risolvendosi in una condizione e fonte, effettiva e non aleatoria, di reddito".
Questa Corte, con giurisprudenza ormai consolidata, (tra le altre, Cass. N. 17195 del 2011), ha chiarito che l'espressione "famiglia di fatto" non consiste soltanto nel convivere come coniugi, ma indica prima di tutto una "famiglia", portatrice di valori di stretta solidarieta', di arricchimento e sviluppo della personalita' di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli. In tal senso, si rinviene, seppur indirettamente, nella stessa Carta Costituzionale, una possibile garanzia per la famiglia di fatto, quale formazione sociale in cui si svolge la personalita' dell'individuo, ai sensi dell'articolo 2 Cost..
Ove tale convivenza assuma dunque i connotati di stabilita' e continuita', e i conviventi elaborino un progetto ed un modello di vita in comune (analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio): come gia' si diceva, potenziamento reciproco della personalita' dei conviventi, e trasmissione di valori educativi ai figli (non si deve dimenticare che obblighi e diritti dei genitori nei confronti dei figli sono assolutamente identici, ai sensi dell'articolo 30 Cost., in ambito matrimoniale e fuori dal matrimonio, e tale identita' di posizione e' oggi pienamente ribadita e assicurata dalla recente riforma della filiazione del (OMISSIS)), la mera convivenza si trasforma in una vera e propria "famiglia di fatto". A quel punto, il parametro dell'adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale da uno dei partner, non puo' che venir meno di fronte all'esistenza di una vera e propria famiglia, ancorche' di fatto. Si rescinde cosi' ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale e, con cio', ogni presupposto per la riconoscibilita' di un assegno divorzile, fondato sulla conservazione di esso, pur dovendosi ribadire che non vi e' ne' identita', ne' analogia tra il nuovo matrimonio del coniuge divorziato, che fa automaticamente cessare il suo diritto all'assegno, e la fattispecie in esame che necessita di un accertamento e di una pronuncia giurisdizionale.
E' consapevole il Collegio, che t anche nell'ambito della giurisprudenza sopra indicata ormai nettamente maggioritaria, talora si e' affermato (Cass. N. 17195 del 2011, predetta) che il fenomeno andrebbe spiegato con una sorta di "quiescenza" del diritto all'assegno, che potrebbe riproporsi, in caso di rottura della convivenza tra i familiari di fatto, com'e' noto effettuabile ad nutum, ed in assenza di una normativa specifica, ancora estranea al nostro ordinamento, che non prevede garanzia alcuna per l'ex familiare di fatto, salvo eventuali accordi economici stipulati tra i conviventi stessi.
Tuttavia, riesaminandosi la questione, sembra a questo Collegio assai piu' coerente, rispetto alle premesse sopra indicate, affermare che una famiglia di fatto, espressione di una scelta esistenziale/libera e consapevole/da parte del coniuge, eventualmente potenziata dalla nascita di figli (cio' che dovrebbe escludere ogni residua solidarieta' postmatrimoniale con l'altro coniuge) dovrebbe essere necessariamente caratterizzata dalla assunzione piena di un rischio, in relazione alle vicende successive della famiglia di fatto, mettendosi in conto la possibilita' di una cessazione del rapporto tra conviventi (ferma restando evidentemente la permanenza di ogni obbligo verso i figli).
Va per di piu' considerata la condizione del coniuge, che si vorrebbe nuovamente obbligato e che, invece, di fronte alla costituzione di una famiglia di fatto tra il proprio coniuge e un altro partner, necessariamente stabile e duratura, confiderebbe, all'evidenza, nell'esonero definitivo da ogni obbligo.
Nella specie, il giudice a quo ritiene pacifica (anche perche' gia' oggetto di esame sia nel corso del giudizio di separazione che del primo grado del presente giudizio di divorzio, la "convivenza more uxorio " instaurata dalla (OMISSIS) con (OMISSIS), da cui erano nati due figli, uno dei quali morto alla nascita. Aggiunge il giudice a quo che la relazione stabile tra (OMISSIS) e (OMISSIS), e dunque anche l'apporto economico di questo alla famiglia di fatto, era venuto meno dal gennaio 2003. Ma tale circostanza, come si diceva, non potrebbe costituire titolo per ottenere l'assegno divorzile.
Accolto il primo motivo del ricorso, rimane assorbito il secondo.
Va cassata la sentenza impugnata.
Puo' decidersi nel merito, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Va rigettata la domanda di assegno divorzile, proposta dalla (OMISSIS).
La novita' della questione trattata richiede la compensazione delle spese per tutti i gradi del procedimento.